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La Fiera di Francoforte viene spesso raccontata ? o meglio, immaginata ? come una specie di festa mobile vagamente esoterica, dove, in un tintinnio di calici, e a volte in un fruscio di lenzuola, signore e signori molto lungimiranti decidono cosa il pubblico dovr? comprare e leggere (soprattutto comprare) nei dodici mesi successivi. Non ? una rappresentazione completamente fittizia, ma per arrivare a un’immagine pi? convincente di questo strano mestiere, e del suo rito pi? fastoso, ci vogliono quelli che i militari americani chiamerebbero ≪boots on the ground≫. Che qui il narratore indubbiamente indossa gi? partendo da Milano, o non sopravviverebbe alla telefonata ≪hot≫ con cui il suo compagno di viaggio, un fotografo con la singolare perversione di ritrarre solo scrittori, occupa per intero le sette ore di strada. E che non si toglie nemmeno durante una Buchmesse, se possibile, pi? convulsa di tante, dove la caccia a un improbabile bestseller si incrocia con l’inquietante apparizione di un agente che non avrebbe pi? dovuto essere in questo mondo ? a meno che non sia tutta la rumorosa baracca a essersi inavvertitamente trasferita nell’altro. Non c’? molto da aggiungere, per un libro che ? solo una commedia. Se non un’avvertenza: ogni riferimento a persone esistenti, o a fatti realmente accaduti, non ? per niente, ma proprio per niente, casuale.画面が切り替わりますので、しばらくお待ち下さい。
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